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Comune di Lanuvio

Tito Annio Milone – Dittatore romano

Tito Annio Milone (Dittatore di Lanuvio nel 52 a.C).  Fu tribuno nel 57 a.C.

La figura di Milone, insieme a quella di Publio Clodio suo acerrimo nemico, irrompe nel contesto storico di una Roma repubblicana dove il Senato non controlla quasi niente,dove non mancano trame, uccisioni, tradimenti e per ultimo la Guerra Civile.
Nel 60 a.C., il primo Triumvirato permise ai tre uomini più potenti di Roma (Giulio Cesare,Marco Licinio Crasso e Gneo Pompeo Magno) di porsi al di sopra delle istituzioni repubblicane e di prendere importanti decisioni che gli ottimati non ebbero più la forza di contrastare.

Il denaro di Crasso e Pompeo, unito all’abilità politica di Cesare e al suo carisma nei confronti delle masse popolari, rappresentavano una miscela potente in grado di far saltare ogni barriera. L’accordo venne rinforzato 4 anni più tardi (56 a.C.), con un incontro nella città di Lucca, dove venne decisa un’ulteriore spartizione di incarichi e di poteri.
L’alleanza tra Cesare e Pompeo era stata poi cementata da un legame di carattere familiare: Giulia la figlia di Giulio Cesare era andata infatti in sposa a Pompeo Magno.

La situazione sembrava quindi stabile, ma molte nuvole si andavano addensando all’orizzonte, anche perché la città non stava a guardare e molti tentavano di allentare questa relazione che metteva fine a tutti gli spazi di libertà, ma soprattutto di potere. Del resto la lontananza di Giulio Cesare, impegnato in Gallia, rendeva più facile l’azione di chi mirava a logorare l’alleanza.
Nel giro di due anni accaddero due eventi che allentarono il rapporto esistente tra Cesare e Pompeo.
Nel 54 a.C., la prematura fine di Giulia, morta di parto, aveva interrotto il forte legame familiare esistente tra i due uomini, mentre nel 53 a.C., la fine di Crasso in quel di Carre, aveva decretato la fine “naturale” degli accordi triumvirati.
E così gli ottimati cominciarono un corteggiamento asfissiante nei confronti di Pompeo, tentando di riportarlo nel loro schieramento dopo che lo stesso se ne era allontanato con la sua politica anti-sillana messa in atto durante il suo consolato del 70 a.C..

Publio Clodio e Milone
Milone parteggiava per Pompeo, e si batté strenuamente per il ritorno in patria di Cicerone che era stato mandato in esilio da Cesare.
A favorire lo spostamento di Pompeo c’era anche l’atteggiamento di Publio Clodio, le cui bande imperversano sulla città, condizionando la politica Romana e gettando discredito sul partito popolare.
Publio Clodio era ormai sfuggito anche al controllo dello stesso Cesare, ma tra gli ottimati permaneva il sospetto che le sue azioni fossero ancora ispirate dal proconsole di Gallia.
Il sospetto ce lo aveva anche Pompeo che ultimamente era diventato l’oggetto delle attenzioni malsane del capobanda popolare, anche a causa del contrasto che i due avevano avuto sull’episodio dell’esilio di Cicerone.

A Clodio, Pompeo contrappose Tito Annio Milone, scatenando una guerra di bande (che durò cinque anni) che rese particolarmente violento il clima cittadino, portando la politica ad una situazione di stallo tale per cui si arrivò anche a rinviare le elezioni dove lo stesso Milone era candidato.

L’anno 52 a.C. iniziò senza magistrati in carica, in un vuoto di potere assoluto, visto che Pompeo aveva impedito anche che si nominasse un interrè in loro vece.
Il 1° gennaio avvenne l’episodio che sconvolse la situazione politica romana dando a Pompeo il pretesto per assumere il controllo assoluto del potere.

Le due bande, quella di Clodio e quella di Milone, si incontrarono casualmente presso Boville e si scontrarono duramente. Publio Clodio rimase ferito e venne trasportato in una locanda, dove le bande di Milone lo raggiunsero e lo uccisero.
La sera stessa, sua moglie espose il suo cadavere provocando la reazione dei suoi seguaci e comunque l’ira del popolo romano.
La mattina dopo la città si ritrovò nel caos più completo, il corpo di Clodio venne portato in Senato e lì venne cremato, con la Curia trasformata in una grande pira.
I senatori riunitisi in una sede straordinaria attribuirono la carica di interré a Marco Emilio Lepido che avrebbe esercitato poteri speciali insieme ai tribuni e al proconsole Pompeo.

In questo frangente Pompeo si mantenne in contatto con Giulio Cesare il quale gli concesse la possibilità di arruolare truppe nella Gallia Cisalpina, in cambio dell’impegno di Pompeo a combattere Milone e le sue bande.
Appena la situazione in città si calmò, gli ottimati fecero la mossa politica con la quale associarono definitivamente Pompeo alla loro causa: convocarono i comizi e lo fecero eleggere come console unico.

Era il 26 febbraio del 52 a.C., quando Pompeo ottenne la carica che lo consacrava come autentico dittatore, pur mantenendo nominalmente una parvenza di legalità repubblicana.
Inizialmente Pompeo mantenne fede all’accordo con Cesare e riuscì a far condannare a morte Milone, in un processo in cui fu difeso da Cicerone con la sua famosa e celebrata orazione “Pro Milone”. La sentenza non venne eseguita poiché Milone era già fuggito a Marsiglia.
Nel 48 a.C., Milone, aderì di nuovo all’invito di creare disordini allo Stato, venne ucciso colpito da un sasso mentre assediava il forte di Conza (Carimassus oggi Cairano) in Lucania nel 51 a.C come testimoniano Plinio Velleio Patercolo e Plutarco.

Un fatto curioso accadde l’anno precedente:
“Sotto il consolato di Lucio Paolo e Gaio Marcello (50 a.C.), piovve lana nella zona del forte di Conza, vicino al quale Tito Annio Milone fu ucciso un anno dopo. Mentre costui veniva processato, ci fu una pioggia di mattoni cotti, registrata negli atti ufficiali di quell’anno”. (Plinio il Vecchio, Naturalis historia 2. 57.)