Sulle origini mitiche di Lanuvio esistono due distinte tradizioni.
La prima si rifà allo storico greco Appiano (Alessandria, II sec. a.C.) che attribuisce la fondazione di Lanuvio a Diomede figlio di Tideo, signore di Argo.
In alcuni racconti del ciclo troiano, così come sono riferiti nell’Alexandra del poeta ellenistico Licofrone (nato intorno al 330 a.C.), la cui fonte era il lirico Mimnermo di Colofone (VII sec. a.C. – prima metà del VI secolo a.C.), si narrano le rocambolesche avventure dell’eroe etolo-argivo posteriori alla guerra di Troia e ignote all’epica omerica.
Dopo la conclusione del fatto bellico, Diomede, sfuggito – grazie all’aiuto di Era – agli agguati omicidi della moglie Egialea (la cui infedeltà era stata ispirata da Afrodite, offesa per l’oltraggio inflittole dall’eroe che l’aveva ferita a una mano durante un combattimento davanti alla città di Troia – Il. IX, vv. 578 segg.), era approdato in Italia ospitato dal re Dauno per mano del quale aveva poi trovato la morte.
Domenico Musti, in un suo fondamentale studio del 1988, individua proprio nell’antica Daunia (l’attuale parte settentrionale della Puglia) la principale area d’irradiazione del culto diomedeo in Italia nella quale l’eroe greco avrebbe assunto una funzione preminente che gli era del tutto estranea, nell’epica omerica, dove piuttosto gli veniva attribuito un ruolo complementare, se non di vera e propria subordinazione, rispetto ad altri personaggi mitici. In realtà, come nota ancora Musti, se si prescinde da Mimnermo e Ibico (Reggio, VI sec. a.C.), il periodo di attestazione della leggenda diomedea è abbastanza tardo. Essa viene diffusa nel corso del IV-III sec a.C. dalla tradizione greca che – proprio come quella romana in seguito (sebbene, naturalmente l’orientamento ideologico sia diverso) – utilizza la figura di Diomede a fini politico-propagandistici. Prendendo in prestito un’efficace immagine che Musti mutua da H. Strasburger, si può dire che, diffondendo il mito diomedeo fra i Dauni, i Greci donavano loro in realtà “una camicia di Nesso”, dunque un regalo solo in apparenza, in virtù del carattere anellenico, o piuttosto “ellenico-marginale”, di Diomede. Secondo questa logica i Dauni erano abbastanza prossimi ai Greci per essere accolti nelle trame del loro mito, mantenendo tuttavia la loro esplicita connotazione di “nemici”.
Per Roma, invece, soprattutto dopo l’alleanza del 326 a.C. con la città diomedea per eccellenza – Arpi – Diomede rappresentava un mezzo di avvicinamento culturale e politico con la Daunia, con la quale l’Urbe era solidale nell’assimilazione parziale e nella contemporanea alterità da Greci ed Etruschi, in funzione anti-sannita.
Dunque, per riassumere e puntualizzare alcuni aspetti, all’eroe etolo-argivo si attribuiva tutta una serie di fondazioni in Italia classificabili per omogeneità e contiguità degli spazi geografici interessati: la Daunia appunto (in cui, come detto, la presenza diomedea appare più antica), l’Apulia, il Sannio e l’Adriatico. Tuttavia a queste regioni, fra loro confinanti, se ne affiancava una che faceva eccezione, il Lazio, cui Diomede sarebbe giunto seguendo in parte il percorso della futura via Appia (lungo la quale avrebbe fondato Aequum Tuticum – da identificare nella loc. La Starza, presso Ariano Irpino -, Benevento e Lanuvio) e in parte quello della futura via Latina (Venafro).
Della presenza di Diomede nel Lazio c’è traccia solo in: 1) un accenno di Plutarco (Cheronea 46-119 d.C.) ad Emazione (Rom. 2,1), padre di Rhomos, ecista (eroe fondatore delle colonie) di Roma, che Diomede aveva inviato da Troia 2) un frammento dell’annalista L. Cassio Emina (II sec. a.C.) riportato da Solino (II sec. d.C.) nei suoi Collectanea Rerum Memorabilium (2,14) nel quale si dice che Enea avrebbe incontrato Diomede in agro Laurenti, cioè a Lavinium (odierna Pratica di Mare) e avrebbe da lui ricevuto il Palladio (l’antico simulacro della dea Atena che l’eroe avrebbe sottratto, insieme a Odisseo, alla città di Troia per renderla finalmente vulnerabile).
A Lanuvio, probabilmente, la presenza di Diomede – che giunge dopo e indipendentemente da Odisseo – è favorita anche dalla recezione nel Lazio della stessa saga dell’eroe di Itaca, sebbene i due personaggi siano arrivati in tempi distinti.
A questo punto, a complicare la questione delle origini mitiche di Lanuvio interviene la seconda tradizione, emersa grazie all’interpretazione di due iscrizioni rinvenute negli anni 60 del secolo scorso: nella prima, scoperta nel 1962, si parlava di una missione diplomatica centuripina a Roma e a Lanuvio e di un trattato basato sulla parentela tra queste città. Il testo, purtroppo frammentario, interpretato da Giacomo Manganaro, costituiva la pubblicazione del resoconto di un viaggio con finalità politiche e diplomatiche compiuto da tre ambasciatori centuripini che si erano recati in missione a Roma e a Lanuvio e avevano riportato copia di una deliberazione del senato di Lanuvio.
Dal documento si evince che la syngeneia tra Lanuvini e Centuripini fu rinnovata.
Nel secondo documento epigrafico – redatto in lettere rosse su alcuni frammenti di intonaco rinvenuti nel 1969 a Taormina e appartenenti al ginnasio dell’antica Tauromenion – si riferisce che Quinto Fabio Pittore (III sec. a.C.), primo annalista romano, narrò l’arrivo in Italia con Enea, in seguito alla guerra di Troia, di un certo Lanoios, fondatore nel Lazio di una cittadina che avrebbe preso da lui il nome, Lanuvio appunto. Ora la menzione in Fabio Pittore di Lanoios accanto a Enea potrebbe mostrare che le fondazioni di Lavinio-Roma e di Lanuvio erano connesse tramite questi due eroi alleati tra loro, e il luogo stesso di ritrovamento dell’iscrizione sembrerebbe confermare l’interesse della Sicilia ellenistica per la città del Lazio.
A questo proposito, infatti, in alcuni brani delle orazioni contro Verre di Cicerone (II 163; IV 72; V 83; V 125), si ricorda la cognatio o syngeneia (ossia l’idea di “consanguineità”, anche di matrice mitologica, usata nell’ambito delle relazioni politiche e diplomatiche tra Greci e Greci o anche tra Greci e popoli di altra stirpe) che univa i Romani e i Segestani, anch’essi, secondo la tradizione, esuli da Troia come i Romani. Non era chiara, invece, l’affermazione di Cicerone in relazione ai Centuripini, anche se l’alleanza tra Enea e l’ecista di Lanuvio, da un lato, e la parentela di quest’ultima con Centuripe dall’altro, attestate dalle nuove iscrizioni, sembra illuminare la complicata questione. Centuripe, infatti, fu fondata dai Siculi (che, secondo la tradizione, erano una popolazione originariamente stanziata nel Lazio, via via sospinta da successive invasioni verso il sud dell’Italia, e da qui passata in Sicilia) e, solo più tardi, ellenizzata.
Città sicule del Lazio sarebbero state Caenina, Antemnae, Falerii, Fescennium, Tivoli e, infine, Ariccia. Anche se dall’elenco suddetto, quasi sicuramente incompleto, non risulta il nome di Lanuvio, la menzione della città a questa più vicina, Ariccia, appare piuttosto significativa: il gemellaggio antico tra Lanuvio e Centuripe era sentito come un legame etnico, dovuto all’emigrazione di genti protolatine (i Siculi) nella Sicilia, in un’epoca successiva alla guerra di Troia, alla fine del II millennio a.C. Quando Cesare concesse lo ius Latii (la cittadinanza latina) alle città della Sicilia, dovette tener conto di questa syngeneia mitologica.
Taluni, in virtù di quanto s’è detto, ritengono che agli anni immediatamente successivi al 44 a.C. vada datata l’iscrizione di Centuripe, nella quale Lanuvio è appunto chiamata apoikia. Interessante è anche il fatto che Fabio Pittore, punto di riferimento della storiografia romana, non conosca o non consideri Diomede come ecista di Lanuvio ma attribuisca l’origine della città a un più autonomo compagno di Enea. Dunque, probabilmente, è sulla funzionalità del mito, più che sulla cronologia, che occorre basarsi per venire a capo della faccenda. Cronologicamente i due eroi potrebbero essersi avvicendati e quindi sostituiti uno all’altro. Sarebbe perciò plausibile, come sostiene Anna Pasqualini, che Lanuvio abbia recepito il mito diomedeo nel momento più difficile del suo conflitto con Roma, cioè quando era alleata, insieme ad altre città del Lazio, con Velletri.
È probabile che, in quella circostanza, i Lanuvini abbiano voluto sottolineare la propria politica filosiracusana accogliendo come ecista una figura gradita a Dionisio II il Giovane (tiranno di Siracusa, vissuto tra il 397 e il 344 a.C.) caratterizzata da forti connotazioni antiromane. Inoltre il mito di Diomede avrebbe fatto presa a Lanuvio più che altrove proprio in virtù del culto di Giunone Sospita che richiamava l’Era argiva, protettrice dell’eroe, sebbene Cicerone, nel suo De Natura Deorum (I, 29, 82), tenga a ribadire le differenze fra le dee (citando anche la Iuno romana). In seguito, mutata la situazione politica, i Lanuvini accolsero la tradizione secondo cui il siculo Lanoios avrebbe fondato la loro città, probabilmente nel corso della I guerra punica (264-241 a.C.), quando Centuripe si arrese a Roma e cessò di subire l’influenza siracusana ostile all’Urbe. A questo punto Lanuvio era pronta ad accogliere, nel proprio bagaglio mitologico proveniente da Centuripe, un fondatore troiano e ad essere considerata addirittura una sua apoikia, sottolineando in tal modo la piena adesione ai modelli culturali di Roma. Nel frattempo Diomede era divenuto incompatibile con la nuova situazione politica, tuttavia – fatto strano – fu la sua memoria a persistere mentre Lanoios cadde nel silenzio.
Anna Pasqualini dopo aver messo in luce il fatto che probabilmente Diomede approdò a Lanuvio dopo l’eroe troiano Lanoios, cosa che gli avrebbe fatto lasciare una traccia più duratura, ipotizza che la nobile famiglia dei Papii di Compsa (in Campania) si sarebbe trasferita nel corso del II secolo nel Lazio, portando a Lanuvio le proprie tradizioni e i propri miti familiari, tra cui quello di Diomede. Essi, in virtù della loro posizione di spicco, tentarono probabilmente di imporre alla città l’eroe della loro terra d’origine, ma esso, a causa delle caratteristiche antiromane che gli erano state attribuite durante la guerra annibalica (e che gli rimasero proprie anche in età augustea quando, grazie al perduto poema epico Diomedea di Iullo Antonio – politico particolarmente legato alla dinastia giulio-claudia e vissuto dal 45 al 2 a.C. – venne a rappresentare il campione d’Oriente – Antonio – contrapposto al campione d’Occidente Enea/Augusto), fu scartato a favore di Lanoios. Nel III secolo Fabio Pittore enfatizzò la vicenda di Lanoios come ecista eponimo di Lanuvio, proveniente da una città alleata e amica, probabilmente perché il gemellaggio tra le due città era un fatto recente e sanciva, a livello mitico, l’affinità etnica e politica tra Latini e Siculi.